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Ho già un'ancora: ma perché mai dovrei cambiarla?!

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Ho già un'ancora: ma perché mai dovrei cambiarla?!

F&B Yachting, vendita di accessori nautici
Pubblicato da Ezio Grillo in Ormeggio · Giovedì 19 Apr 2018
Tags: nauticabarcaancoraggiomanutenzionesicurezzaancoramantus
A volte, soprattutto chi pratica un’attività da tanti anni, passa da innovazione ad innovazione ma senza percepirne i tanti reali progressi in atto: è come se venissero metabolizzati nel tempo.

Ma se guardassimo alla nautica in generale, o ancor più alla vela,  facendo un salto indietro di soli quindici anni, e pensassimo alle nostre barche di allora e alle attrezzature ed accessori di quel tempo, sfido chiunque a dire che non ci sia stata una enorme evoluzione.

Potremmo infatti metterci a discutere per ore riguardo ai cambiamenti positivi e negativi, ma una cosa è indubbia: la tecnologia e lo studio hanno apportato innumerevoli progressi in termini di capacità di gestire carichi di lavoro, di sicurezza, di ergonomia di bordo, e non parliamo dell’elettronica e del digitale!

Molto, anzi moltissimo, è cambiato anche nelle linee d’ancoraggio.

Innanzitutto le catene che oggi godono di carichi di rottura più alti, coefficienti di corrosione più bassi, migliori lavorazioni: questo permette quindi di affrontare con molta più sicurezza i forti carichi e l’usura nel tempo, e inoltre di pensare alle linee d’ancoraggio in termini diversi rispetto al passato (affronteremo questo importante punto alla fine di questo articolo).
 
I cardini di connessione fra ancora e catena (detti anche swivel), storico punto debole della linea di ancoraggio, oggi sono presenti sul mercato con alcuni modelli molto più funzionali, con carichi alti (dovrebbero essere più alti delle catene con cui lavorano), realizzati con lavorazioni e acciai migliori.
 
E infine, uno degli argomenti più discussi al Bar del Porto: l’ancora…
 
Qui bisogna essere super seri e sobri, e voglio quindi  fare una importante premessa: noi ci sentiamo spesso dire e da anni “ma io ho un’ancora XXX e non ho mai avuto problemi” o anche “Io ho un’ancora che funziona benissimo! Perché la dovrei cambiare?”.
 
Consideriamo che avere o non avere avuto problemi dipende da tante cose fra cui in primis l’arte marinaresca del comandante, a seguire il tipo di fondale dove si è incappati nelle condizioni più dure, il tipo di navigazione fatta (chi sta sempre in porto e chi usa la barca per andare a fare il bagno, è difficile che abbia problemi), la fortuna (in una brutta situazione, l’ancora ara e si incaglia).
 
Ma la prima domanda che faccio sempre è: “ma a quali condizioni non ha mai avuto problemi?”.
Infatti, spesso non ce ne rendiamo conto che tutti noi diamo per scontato che l’ancora possa non tenere: per cui la nostra “condizione per non aver problemi” è – faccio alcuni esempi – fare un bagno con la maschera per controllare se “il ferro” ha fatto testa, prendere i riferimenti a terra e controllare per diverso tempo che non si stia arando, svegliarsi di notte se c’è un giro o un aumento di vento e controllare, ecc.

In poche parole, viviamo normalmente la nostra vita alla fonda con una sottile e continua  tensione: c’è a chi piace, e c’è anche chi la considera una condizione dell’essere un vero marinaio. Va bene, lo accettiamo con rispetto sapendo che per fortuna non siamo tutti uguali…

Ma più seriamente, l’evoluzione nel disegno delle ancore ha fatto si che questa realtà oggi possa essere messa in discussione, e questa è la prima ragione per cui “cambiare l’ancora” oggi possa essere una importante opportunità.
 
Parliamo di storia, tecnica e scienza adesso:

La prima ancora a “tenuta di forma” è nata nel 1931, si chiama CQR, ed è in pratica un piccolo aratro: bisogna portar rispetto a questo ferro, è la storia del diporto ed un simbolo importante.

Di fatto è un’ancora che richiede molto spazio (metri) per dar testa, su fondali duri scivola, se ha fatto testa tiene i giri di vento fino ad un massimo di 60°, gode di una tenuta statica oggi considerata bassa … insomma, è una prima importante soluzione.
 
Con la Seconda Guerra Mondiale arriva la Danforth: nata per i mezzi da sbarco è un’ancora prettamente da sabbia. Ha una tenuta incrementale sul tiro in linea ma speda a 90° con i giri di vento; le due mare sono strette per cui non può trovare stabilmente sede su un musone di prua per cui (insieme ai suoi derivati) è diventata soprattutto una ottima seconda ancora da stivare piatta in un gavone.
 
A parte qualche tecnicamente sfortunato e troppo diffuso  derivato della Danforth ma con marre aperte, come la Britany, su cui non intenderei dilungarmi, non succede più nulla d’importante fino agli anni ’80.
 
In questi anni arrivano la Bruce e la Delta.

La prima è un’ancora nata per le piattaforme petrolifere e mutuata alla nautica: si tratta nuovamente di un’ancora da sabbia, che richiede sempre diverso spazio per dar testa ma che comunque incomincia ad “aggrappare” subito. Tiene i giri di vento fino a 120° circa ma, essendo disegnata “a cucchiaio” quando ara si riempie di detriti (alghe, pietre) e non riuscendo a penetrare nel fondale, scivola...
 
L’altra è la prima ancora totale, ovvero con la capacità di dar testa in fondali di diverso tipo.
Creata dagli stessi produttori della CQR, vuole superare la nonna di tutte le ancore: e ci riesce! Diventa l’ancora più diffusa: fa testa in spazi relativamente più brevi e con meno difficoltà, penetra appunto diverse tipologie di fondale, tiene i giri di vento fino a circa 90°.

La Delta e la Bruce (e i loro derivati) sono le ancore tutt’ora adottate come standard dalla maggior parte dei cantieri: ergo sono le ancore che ci troviamo normalmente a bordo.
Ma pensare che lo stato dell’arte delle ancore si sia fermato agli anni ’80 è a dir poco follia.
 
Da quegli anni, tolte le copie derivate dalle ancore menzionate, sono almeno due quelle significative: la Spade che è la prima ancora concava (quindi con una tenuta statica maggiore) e la Bügel, la prima con un arco raddrizzatore.
 
Arriviamo al 2004 quando in due capi diversi del mondo nascono due ancore che hanno cambiato la sicurezza a bordo: la neozelandese Rocna e la turca Ultra.
 
La prima è un’ancora auto-raddrizzante (dotata di arco) con una tenuta statica altissima e una ottima capacità di dar testa su tutti i fondali penetrabili. Tiene i giri di vento fino a 90° ma la sua tenuta è tale che, su pesi medi, ci vogliono situazioni di vento forti per farla girare.
 
La Ultra è invece la prima ancora a tenuta DINAMICA: questa è l’innovazione che fa la totale differenza.
E’ auto-raddrizzante grazie ad un bilanciamento su baricentro molto basso, penetra dove si trova e, attenzione… la tenuta dinamica le dà:

  1. La capacità di tenere indefinitamente i giri di vento (360° + 360°…) senza spedare
  2. La tenuta incrementale: all’aumentare del tiro aumenta la sua resistenza
   
Voglio spiegarmi meglio: tutte le ancore di concezione precedente alla Ultra sono “a tenuta statica”. Ovvero trovano un punto di tenuta più o meno alto a seconda del modello; ma se ricevono un tiro più forte della loro tenuta arano, e perdono mano a mano resistenza fino a spedare.

La tenuta dinamica invece, garantisce una tenuta incrementale, ovvero che cresce all’aumentare del tiro in quanto l’ancora tende ad entrare sempre più nel fondale. Quindi si comporta in maniera opposta rispetto a tutte le ancore a semplice tenuta statica (con l’eccezione della Danforth ma solo sul tiro in linea).
Inoltre: dà testa dove si trova, tiene tutti i giri di vento, penetra ogni fondale penetrabile. In poche parole: dà testa con facilità, dove si trova e poi… NON PUO’ SPEDARE! Può solo essere salpata a 80-90°.
 
(Per correttezza devo sottolineare, per chi non lo sapesse, che siamo stati i distributori italiani della Ultra per 9 anni e i primi ad introdurla in Europa).
 
Dal 2004 sono nate diverse ancore interessanti, tutte  derivate dalla Rocna e tutte a tenuta statica seppur alta.
 
L’altra vera successiva innovazione è la Mantus, nata nel 2012 e da noi distribuita dalla fine del 2015: simile di aspetto alla Rocna (marra concava e arco) è però tutt’altra cosa. Grazie infatti alla sua geometria vettoriale che ne concentra tutto il lavoro sull’unghia (e qualche altra innovazione ingegneristica) gode non solo della TENUTA DINAMICA INCREMENTALE, ma anche di una impressionante capacità di penetrazione dei fondali sul posto (sempre che siano ovviamente in qualche modo penetrabili), e di una generale tenuta superiore.
 
Torniamo a questo punto alla domanda ”perché dovrei cambiare l’ancora?”.
 
“La sicurezza” è la risposta più ovvia.
Ma anche il comfort in rada dato dalla capacità di dar testa unita, nella Ultra e nella Mantus, dal fatto che non possono spedare. Non dobbiamo più quindi fare il bagno per controllare che abbia fatto testa (si capisce mentre si fila) o passare ore o svegliarci a controllare i riferimenti a terra: lo so, questa affermazione lascia perplessi ma col tempo, imparando a conoscere e a fidarsi di queste ancore, è semplicemente così...
 
Inoltre, e qui mi ricollego a quanto accennato sopra: tutte queste ancore più recenti non necessitano più di peso di catena: NON SI FANNO PIU “ANCORAGGI DI CATENA”. Sono infatti le ancore a tenere…
 
Le catene oggi si possono scegliere secondo il loro carico di rottura e non più per il peso: e siccome si trovano in commercio (mi raccomando solo catene europee certificate) tante catene con carichi di rottura più alti e migliori manifatture rispetto al passato, si può spesso ridurre il peso a prua passando ad un diametro inferiore.

A questo punto faccio io una domanda: “perché non dovrei cambiare la mia vecchia ancora con una di ultima generazione?”.

Ezio Grillo


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