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I test dei giornali nautici: alcune verità nascoste…

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I test dei giornali nautici: alcune verità nascoste…

F&B Yachting, vendita di accessori nautici
Pubblicato da Ezio Grillo in Test Nautici · Mercoledì 11 Lug 2018
Tags: nauticatestgiornaliveritànascosterivistenautichefuorvianti
Qualche giorno fa leggo, riguardo alla nostra tormentina Storm-Bag,  un commento molto violento su Facebook fatto da un “velista da tastiera” e sicuramente “troll” (nel gergo dei social, i “troll" sono i disturbatori compulsivi) che senza mezzi termini affossava non solo la nostra strepitosa vela, ma ci dava dei cialtroni offendendo oltretutto i nostri clienti che fino ad oggi la hanno adottata.

Conoscendo MOLTO bene il prodotto e le sue straordinarie qualità, e ho quindi cercato di rispondergli con un po’ di ironia così da non farmi tirare in basso in una infinita ed inutile discussione (era anche sabato sera).

Ad un certo punto questo social-molestatore, coadiuvato da un suo evidente “compagno di merende”, nomina un vecchio articolo uscito su PBO (Pratical Boat Owner), indubbiamente una delle più importanti e quotate riviste nautiche al mondo.

E lì ho capito… ora, non mi ricordo esattamente tutto di quel test in cui provarono diversi tipi di tormentine tradizionali e non, ma quello che so di certo è che la prova che fecero su Storm-Bag venne eseguita con una vela di misura sbagliata: semplicemente usarono una vela del distributore britannico, senza troppo preoccuparsi (quest’ultimo e i giornalisti) che fosse di misura adeguata alla barca in questione. Poi mi ricordo vagamente altri punti poco chiari: l’articolo comunque lo cestinai dalla rabbia…
Il fatto che il giornalista scrisse, ad articolo pubblicato, le sue scuse all’inventore dell’intelligente tormentina, non è servito alcunché ovviamente…

Di casi d’imperizia come questo, ahimè, ne abbiamo vissuti tanti e la maggior parte all’estero grazie alla “leggerezza” di alcuni nostri colleghi stranieri: il problema è che poi questi articoli girano, spingono gli appassionati a fare scelte sbagliate, e infine restano a disposizione anche dei tronfi “troll”.

Non parliamo poi dei danni indiretti creati da un articolo del genere riguardante una vela da usare in emergenza: quante persone avranno deciso di affidarsi ad un sistema meno efficiente grazie alla superficialità di questo test?!

Sempre fra le prove in mare eseguite da testate estere, me ne viene in mente una realizzata dalla rivista francese Voiles et Voiliers, altro quotatissimo periodico di settore.
Vedeva la nostra vela Parasailor contro la nostra vela Code D (si, è un caso che fosse un confronto fra due vele che trattiamo noi).

Per imperizia dei nostri colleghi francesi di Parasailor - allora alle prime armi - e temo grazie ad un certo forte legame fra il direttore del magazine e il proprietario della veleria che ha inventato il Code D, il test venne eseguito con forza e angoli al vento tanto favorevoli al Code D quanto non del tutto congeniali a Parasailor. Le barche, non gemelle, non vennero invertite: quella del Code D era stata svuotata!
Ma soprattutto non fecero prove a confronto sulle caratteristiche fondamentali di Parasailor: l’estrema duttilità e la sicurezza. Furono solo misurate le performance velocistiche su pochi e ben scelti gradi di vento con una forza troppo bassa per permettere a Parasailor (all'epoca Parasailor 2) d’entrare in regime di performance.
Perfino le foto furono scelte con un Code D perfetto ed il Parasailor tutto storto… sfaccati!

Racconti simili li posso fare anche su molte altre prove giornalistiche.
 
La triste considerazione è però è che di test in mare, in Italia, oggi non ne vengono fatti praticamente più, con l’esclusione del resoconto di qualche breve uscita in mare a bordo di barche nuove.

La ragione, legata alla crisi dell’editoria, è che fare un test non solo costa moltissimo, ma è anche legata al fatto che per essere veramente legittimo dovrebbe essere INDIPENDENTE: ciò è in conflitto col timore che i pochi investitori pubblicitari rimasti non amerebbero leggere l’elenco dei punti deboli dei loro prodotti…

Ma fino a qualche anno fa di test se ne facevano tanti!

Uno dei generi più diffusi .- e che a noi stanno molto a cuore – sono i test sulle ancore. Chi mi legge probabilmente sa che siamo coloro i quali, fin dall'origine, si sono occupati (portandole per primi in Europa) di ancore a “tenuta dinamica” (prima la Ultra, oggi la più “aggressiva” Mantus): una enorme rivoluzione dal punto di vista della sicurezza, oltre che nel comfort alla fonda.

Se si parla di “dinamica” si parla di comportamenti, di reazioni alle sollecitazioni: in poche parole, un’ancora tradizionale “a tenuta statica”, tiene finché riesce ma quando molla… speda e poi deve “ridare testa”.

Un’ancora a tenuta dinamica ha invece una tenuta incrementale (più viene sollecitata e più tiene), e non c’è sollecitazione (tiro in linea o giro di vento che sia) che possa farla spedare. Le ancore a tenuta dinamica fanno testa con estrema facilità e non spedano mai!

Davanti ad una novità del genere ci stupimmo, e ci continuiamo a stupire, nel continuare a leggere test fatti con un dinamometro ed un tiro in linea.  E’ ovvio che grazie alla tenuta incrementale le nostre ancore stracciano la concorrenza anche nei tiri in linea: ma non é questo il punto!

Sarebbe invece fondamentale far capire, per esempio, quanti gradi un’ancora tiene in termini di giri di vento, oppure in quanto spazio fa testa... Un giornalista specializzato si dovrebbe occupare di fare cultura nautica: quindi dovrebbe sapere cosa si intende per “ancora a tenuta dinamica”, spiegarlo e mostrarlo!

Solo il giornalista Nicolò Volpati fece dei test approfonditi per la rivista Mondo Barca (oggi non esiste più): e ancora oggi quando leggiamo degli articoli (non dei test) che parlano di ancore, non solo sono ricchi di voragini informative, ma del concetto di “tenuta dinamica” non ne abbiamo quasi mai trovato traccia.

Poi, c’è da aggiungere,  che simulare il comportamento di un’ancora in diverse situazioni e su differenti fondali è difficile se non impossibile: sappiamo benissimo che il solo peso dell’ancora fa già la differenza. Ma sarebbe importante, avendo definito e descritto condizioni, fondali e obiettivi, fornire almeno una base di dati ed impressioni tecniche tali da permettere al lettore  di comprendere limiti e potenzialità di ciascun modello: trascurare un aspetto così rivoluzionario come la tenuta dinamica è impensabile!
 
Altro argomento discusso e “testato” per anni è stato quello delle anti-vegetative.

Qui la cosa si fa complicatissima perché, ad essere seri, bisognerebbe avere tante barche a disposizione nei porti più significativi, trattarle con le varie anti-vegetative, utilizzarle più o meno nello stesso modo (e accordarsi prima su quanto e come usarle) e poi trarne la conclusione dopo un anno o due… Impossibile!

Se teniamo conto del fatto che il fouling può cambiare vertiginosamente nell’arco di poche miglia, che senso ha fare un test, come alcuni di cui mi ricordo, su barche tenute in una sola marina?

Ne ho letto uno che ero ancora ragazzino, di una barca trattata a metà con una anti-vegetativa, e l’atra metà con un’altra. Solo che all’ormeggio aveva un bordo a nord e l’atro conseguentemente a sud: una differenza non da poco per degli organismi vegetali! E me ne accorsi io che ero un semplice studente di liceo scientifico!

E’ ovvio che la soluzione percorribile come impegno e costi sarebbe quella di mettere in acqua e in diversi porti, per poi trainarle periodicamente  ad una velocità determinata, delle semplici piastre trattate con varie tipologie di anti-fouling. Così, analizzate globalmente dopo un anno, si potrebbe raggiungere un risultato non esaustivo ma significativo per formarsi un’idea più precisa…

Scrivendo, mi viene in mente una prova abbastanza recente, eseguita da una rivista britannica (non posso fare il nome, mi spiace) sui vari ecoscandagli a vista anteriore, immessi sul mercato sulla falsa riga del nostro EchoPilot.
 
Senza inganni e senza imbrogli, organizzare questa prova è stato abbastanza facile: il problema è che i risultati sono stati cosi negativi nei confronti dei prodotti “copia” del nostro EchoPilot, da creare un vero imbarazzo alla testata: parliamo infatti dei loro più importanti investitori pubblicitari!

Di conseguenza la pubblicazione fu sospesa fino a quando, ripetuti alcuni test, l’articolo uscì molto calmierato: dobbiamo dire però che il lettore più attento, se legge bene nei “box”, intuisce che c’è una grossa differenza fra le "copie" e l’accessorio originale.

Ed è infatti questo il punto cruciale: perché una rivista nautica che fa fatica a campare, dovrebbe mettere in gioco il proprio rapporto con uno o più investitori pubblicitari?

La verità è che oggi -  ricordo che chi scrive è un distributore di accessori nautici e vele innovative – di test in Italia non se ne fanno più e molti editori a volte ti chiedono di fare pubblicità in cambio di un articolo di presentazione scritto sulla base della tua cartella stampa.

Per fortuna, almeno a noi, non è mai successo che ci chiedessero denaro in cambio di un test; di n articolo sì, però...

Non è sempre così ovviamente, ma ormai quasi mi stupisco quando non succede: da vecchio giornalista (non nautico) e piccolo imprenditore, oggi investiamo il poco che possiamo dedicare alla pubblicità, solo su quelle testate che non ci hanno mai chiesto soldi in cambio d’articoli…

Concludendo: ci auguriamo che usciremo presto dalla crisi dell’editoria e che, soprattutto in Italia, le nostre riviste di settore riprenderanno a fare test indipendenti.

Ma ancor più esorto chi mi legge a non prendere per oro colato tutto quello che viene pubblicato all’estero, anche sulle riviste più blasonate: si tratta sempre di persone sicuramente d’esperienza, ma non necessariamente specialisti dei prodotti o accessori che provano. Possono quindi fare errori grossolani, se non affiancati da veri esperti: e gli esperti potrebbero avere degli interessi…

Bisogna invece tener conto di una della poche cose buone che questi tempi ci offrono. Il web fa si che solo un produttore idiota rischierebbe di sputtanarsi dichiarando il falso e offrendo prodotti non all’altezza.
 
Grazie ad Internet, un prodotto non buono (soprattutto se di nicchia come nel mercato nautico) camperebbe pochissimo se mistificato da un marketing banditesco.

Escludendo il problema troll - come quello menzionato all’inizio di queste pagine - è ovvio che il passaparola digitale fa sì che la serietà del produttore (o del distributore nel nostro caso) sia MOLTO sotto-controllo: e chi investe il suo tempo ed il suo denaro in un progetto tecnico, se ha una minima intenzione di restare sul mercato a lungo non lo può fare fregando la gente.

Per questo siamo noi i primi esperti (e con noi molti seri colleghi), nonché i più meticolosi a studiare ed eseguire test prima di immettere sul mercato qualsiasi prodotto: non lo facciamo necessariamente perché siamo bravi e buoni, ma perché altrimenti falliremmo.

Ezio Grillo


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