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Mal di mare che cos’è, come affrontarlo

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Mal di mare che cos’è, come affrontarlo

F&B Yachting, vendita di accessori nautici
Pubblicato da Ezio Grillo in Crociera · Mercoledì 01 Ago 2018
Tags: maldimaremareskippernauticaaffrontareincubomarinai
Maledetto Mal di Mare, sempre in agguato a trasformare il nostro paradiso in inferno…

Come da mia abitudine vorrei incominciare sfatando un luogo comune: non c’è marinaio che non abbia sofferto almeno una volta nella sua vita il “mal di mare”. Se qualcuno afferma il contrario vuol solo dire che non ha navigato abbastanza!

Questo per dire fin da subito che non c’è nulla di male nel soffrire di mal di mare (chiedo scusa per il ridondante scioglilingua), non è quindi da “femminucce” esserne stato affetto, così come non è da superuomini non soffrirne. Anzi: personalmente trovo molta ammirazione verso coloro che perseguono la loro passione per il mare nonostante la pesante nausea che a volte li coglie.

Facciamo quindi il punto su che cosa è il mal di mare: tutto parte dall’equilibrio.

Il “senso dell’equilibrio” non serve solo a stare in piedi: la sua funzione automatica più fine, infatti, è quella di gestire i muscoli del nostro apparato digerente che, appunto grazie al loro lavoro congiunto alla forza di gravità, gestiscono con discrezione, di giorno e di notte, l’assimilazione del cibo e la conseguente  evacuazione dei residui.
 
Un delicatissimo equilibrio che viene continuamente governato grazie alla percezione ambientale ottenuta attraverso  due organi: gli occhi e le orecchie.
Rispettivamente grazie alla vista e alle variazioni di pressione atmosferica (l’orecchio ha una estrema sensibilità nel percepire le minime variazioni di pressione dovute la nostro movimento), elaborate dal cervello, possiamo stare in piedi, muoverci, e appunto digerire.
 
Di conseguenza, quando nel primo instante in cui passiamo da un sistema stabile (la terra) ad uno mobile (una macchina, un treno o, ancor più, una barca), questi due sensi entrano in un breve “cortocircuito” dando un lieve senso di vertigine e, appunto, nausea… quest’ultima conseguente ad una breve “confusione” nella gestione del nostro apparato digerente.
 
Quanto appena descritto succede SEMPRE, per un istante, a tutti.
 
Ma qui si entra un secondo stadio: tutti appunto abbiamo un istante, più o meno percepito, di malessere.
 
Il malessere diventa mal di mare quando il nostro corpo perde il controllo della situazione: qui la componente psicosomatica è molto forte. Il mal di mare è quasi sempre un problema psicosomatico.
 
Attenzione: questa è una ottima notizia. Soffrire di una sindrome totalmente fisica vuol dire non poterla combattere e superare con facilità; altra cosa è invece affrontare una sintomatologia con una forte origine psicologica: conoscendola la si oltrepassa con più agio!
 
Quello che scatena la maggior parte delle volte il mal di mare è la cosiddetta “memoria del dolore”: è un sistema di difesa del nostro corpo che tutti noi conosciamo per esperienza.  Pensiamo, per esempio, a quando ci siamo fatti  male, che so,  ad una caviglia: per un certo periodo, passato il dolore, il nostro corpo ci comunica una lieve fitta quando appoggiamo il piede nella posizione che fino a qualche giorno prima ci procurava dolenza.
 
Si tratta di una reazione fondamentale perché serve a non sforzare troppo una parte in via di guarigione o a non rischiare di ferire ulteriormente una parte rimasta un po’ lesa.
 
Lo stesso con il mal di mare: se in passato, magari da bambini in automobile, magari perché abbiamo esagerato con il cibo, abbiamo sofferto di nausea, ritrovatosi anche per un istante nella stessa situazione il nostro corpo reagisce riproponendoci “il dolore”, ovvero il malessere. Se non si reagisce, la sindrome si scatena.
 
Meno fine, ma fondamentale "nell’accendere la miccia", è anche la paura di star male perché appunto siamo stati male in passato: ed ogni volta che soffriamo, è una conferma psicologica della convinzione che appunto siamo affetti dal mal di mare.
 
Quindi: uno stimolo minimo e naturale che tutti noi abbiamo + la memoria del dolore o comunque la paura di stare male = mal di mare.
 
Se poi aggiungiamo una situazione fisica sbagliata tipo un’alimentazione non adeguata, ecco che il danno è fatto.
 
Vediamo quindi  prima come si previene il mal d mare.
 
Intanto aver compreso quanto sopra spiegato, aiuta moltissimo a contenere la libera e nefasta manifestazione della psiche…
 
Poi - alcuni non ci crederanno - la frequentazione delle barche ci da un’abitudine che previene di per sé il mal di mare: è una cosa provata da molti skipper professionisti che, sapendo di essere a rischio di sofferenza, sanno anche che dopo qualche giorno di navigazione ad inizio stagione, il problema non sussiste più.
 
Ma la vera prevenzione parte dall’alimentazione: più che altro bisogna stare attenti a cosa NON mangiare. Se la giornata parte dalla colazione, bisogna evitare assolutamente cappuccino, caffe latte, magari anche il solo latte od il solo caffè: un buon te inglese è un’ottima soluzione.
Evitare anche bevande acide come la spremuta d’arancia o succhi.
 
Ovviamente bisognerebbe astenersi da alimenti ricchi di burro o creme come torte, croissant, bomboloni fritti o al forno… insomma un po’ di buon senso!
 
La focaccia genovese sembra essere, forse per tradizione, un eccellente palliativo! Così come, ma bisogna averne il coraggio durante la prima colazione, delle acciughe sott’olio. C’è chi dice il Parmigiano Reggiano che, oltra ad essere molto nutriente, a me non dispiace affatto…
Ottimi anche i cracker, grissini o gallette, insomma carboidrati che “asciughino” un po’…
 
E’ banale che ogni altro pasto vada consumato coerentemente senza abbuffarsi, senza fritti o alimenti che diano sensazione di acidità o difficolta di digestione,  senza alcool, ecc…
 
Sempre nella prevenzione ci sono delle cortezze da tenere in considerazione: soprattutto se si va a vela, bisognerebbe proteggere le orecchie dal vento anche d’estate: basta infatti una piccola infiammazione e questa, come intuibile da quanto spiegato prima, potrebbe dare problemi.
 
Non bisogna andare sotto-coperta dove l’occhio trova con molta più fatica punti di stabilizzazione: fuori è buona regola scrutare  l’orizzonte (quello non si muove mai) e stare in posizione più eretta possibile così da non comprimere l’apparato digerente.
 
Se si entrasse in crisi, mettersi al timone è il rimedio che funziona di più: condurre la barca non solo distrae dalla concentrazione sul male, ma dà ai nostri sensi continui stimoli e diversi punti di riferimento. Inoltre, avendo la “barca in mano” si è più consapevoli e reattivi ai vari movimenti.
 

Se ancora non bastasse e ci fosse uno scatenamento della crisi, la mia soluzione personale è la riflessologia: io massaggio con il pollice per diversi minuti miei “pazienti” sotto i polsi. Quello è un punto che riequilibra il sistema gastrointestinale e in poco tempo.

Il malato dovrebbe stare straniato, ben coperto, con la testa appoggiata su un cuscino, le gambe ripiegate, aria intorno, un catino al fianco per tranquillizzarlo in caso di “manifestazione della crisi”  e nessuna battuta imbecille sul cibo: mi raccomando!
 
Mi permetto di far notare che non ho parlato di medicinali. Questo per due ragioni: la prima è perché non sono un medico ma uno skipper d’esperienza, e l’altra è che sono contrario, forse proprio perché non sono un medico.

Ho infatti sperimentato che tutti i medicinali anti-mal di mare che in questi anni mi sono passati davanti, da un lato abbassano la reattività delle persone (scusate: le rincoglioniscono), dall’altro creano una dipendenza psicologica per cui il problema del malessere non viene mai realmente superato. Inoltre immagino (“immagino” è un eufemismo: in realtà basta leggere i bugiardini) che diano alcuni effetti collaterali…

Per il resto, la barca è libera serenità e mi auguro veramente di aver aiutato qualcuno, con questo articolo, a trovarla anche durante una navigazione con mare formato.
 
Buon vento a tutti!

Ezio Grillo


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