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Il gergo nautico, un valore che va ben oltre la tradizione

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Il gergo nautico, un valore che va ben oltre la tradizione

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Pubblicato da Ezio Grillo in Filosofia nautica · Mercoledì 14 Set 2022
 â€śShadenfreude” è una di quelle parole tedesche che non trovano una traduzione esatta nella a nostra lingua.
In realtĂ , se la scomponessimo nelle due parole “shaden”, ombra, e “freude”, gioia,  la traduzione piĂą prossima potrebbe essere qualcosa tipo “gioia maliziosa”.
Ma il significato è tutt'altro:  mi ricordo di aver trovato la definizione sociologica di questa parola in “sindrome del Telepass” ovvero quel lieve piacere che si prova dalle disavventure o disgrazie altrui; il piacere che si prova, per esempio, proprio quando si passa davanti alle macchine in coda per il casello autostradale, mentre noi sfrecciamo via perchĂ© dotati appunto del Telepass.

Ora che ci facciamo caso, ci rendiamo conto che ognuno di noi in più momenti della vita è stato colto da “shadenfreude”: è infatti una esperienza comune nella vita di chiunque.
Ma perché non ne abbiamo avuto una vera consapevolezza fino a questo momento? La risposta è semplice: perché nel nostro vocabolario non abbiamo una parola specifica che la descrive.

Immaginiamo adesso di essere ospiti a casa di qualcuno e di dover chiedere “dov’è il bagno” e quindi ci viene indicato come “prendi la porta a sud e poi la terza porta a ovest”…
Sconcertante vero?
Non troppo: in realtĂ  ci troviamo semplicemente a casa di una persona che parla una lingua che invece di usare, come la nostra, delle coordinate spaziali “egocentriche” (porta a a sinistra e terza a destra),  usa un sistema di coordinate spaziali geografiche “assolute”.
Follia?
No, esistono diverse lingue che usano le coordinate spaziali assolute e, secondo alcuni studi tale metodo costringe ad un cambiamento cognitivo ovvero quello di attivare costantemente una sorta di “bussola mentale” che ci renda capaci di essere costantemente a conoscenza della direzione cardinale in cui siamo orientati.
Ebbene, il gergo nautico conta, fra le altre, anche la caratteristica di usare un sistema geografico assoluto: sorprendente vero?

In estrema sintesi, con questi due esempi abbiamo visto che 1) il vocabolario esteso è necessario non tanto per aver conoscenza del mondo ma “conoscenza consapevole”; 2) una lingua piuttosto che un’altra ci può spingere verso attitudini cognitive differenti (come la percezione dello scorrere del tempo, della posizione degli cose nello spazio, della dinamica degli avvenimenti): è un affascinante fenomeno che si chiama “relatività linguistica”.

Ma c’è dell’altro… è scontato affermare che la convivenza umana si fondi sul linguaggio e che quest’ultimo, per essere efficace ed efficiente, debba essere condiviso. Ma la conseguenza è che se io posseggo un vocabolario esteso che mi dona una vasta conoscenza consapevole del mondo, se appunto non lo condividessi con altri si tratterebbe di una ricchezza ben sterile.
Secondo il filosofo e linguista Karl Wilhelm von Humboldt “il parlare è sempre un parlare-con-altri, il pensare è sempre un pensare-con-altri (n.d.a. perfino quando si pensa in solitudine), lo stesso essere dell’uomo è in definitiva essere-con-altri . Il linguaggio è il fondamento stesso della socialità”.

La potenza del vocabolario va infatti molto oltre alla comunicazione stessa: definendo con esattezza le cose ci dona non solo, come abbiamo visto, la capacità di estendere la nostra consapevolezza e le nostre percezioni, ma essendo ogni parola una sorta di “riassunto di un concetto esteso” (shadenfeude = “il senso di piacere che proviamo dalle disavventure altrui”) ci permette di emanciparci dal presente immaginando eventi e cose future nel tempo e nello spazio, cose lontane magari da creare.

Il linguaggio è “l’organo formativo del pensiero”, è la condizione necessaria per la formulazione della conoscenza: ma ancor prima, le parole sono i mattoni che ci permettono di costruire, concetto per concetto, ogni idea, ogni mondo. E’ il linguaggio, nella quotidianità di ognuno di noi, che congiunge l’essere umano al mondo.

Per fare un esempio senza addentrarci troppo nell’antropologia e nella filosofia del linguaggio, conoscere il significato di  â€śrotta nautica” vuol dire possedere il concetto molto ampio di “pianificazione di uno spostamento nello spezio e nel tempo in ambiente marino”, dotato, appunto, di caratteristiche specifiche (scarroccio, deriva e tanti altri concetti di evoluzione dinamica).
Per noi che navighiamo sappiamo che dire “rotta” è ben diverso che dire “itinerario”.
Una sola parola, “rotta”, esprime un concetto molto complesso: “rotta” è, come tutte le parole, una “mappa concettuale”.
Tecnicamente, “il pensiero viene oggettivato dal linguaggio”.

E da una mappa concettuale all'altra è facile comprendere, per chi abbia esperienza, che differenza ci sia fra le parole “parcheggiare” e “ormeggiare”: in entrambi i casi si tratta di “mettere a riposo” un mezzo di trasporto ma chiunque abbia ormeggiato una sola volta una barca si rende ben conto della differenza.
Così, “cima” è concettualmente diversa dalla “corda” (mi fa quasi senso usare questa parola in ambito nautico), perché anche se si assomigliano le caratteristiche richieste da una cima sono diverse.

Ma soprattutto sapere dare un nome a tutto quello che fa parte di una barca e della sua navigazione vuol dire, come abbiamo visto, dare consapevolezza alle nostre conoscenze, comprenderne ogni parte e la sua funzione e reazione, fare nostro un mondo, quello del mare che non è il nostro ambiente naturale.

Di quanto sto scrivendo me ne sono accorto qualche anno fa quando ho avuto a che fare con dei colleghi (io mi occupo professionalmente di nautica) della Repubblica Ceca. Ebbene con loro, per quanto mi intendessi perfettamente su concetti di marketing, comunicazione, logistica ed altro, non riuscivo a concretizzare diversi aspetti tecnici legati al mondo delle barche.
Poi ho capito: la Repubblica Ceca non è bagnata dal mare e di conseguenza il ceco è una lingua che non possiede un gergo nautico.
Per quanto parlassimo inglese, solo il fatto di non poter tradurre delle terminologie specifiche nella loro lingua faceva si che facessero molta piĂą fatica ad assimilare numerosi concetti tenici.
Così ho compreso che il gergo nautico, così come qualsiasi linguaggio specifico, non è solo tradizione.

Ezio Grillo Rizzi


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Leoni
Martedì 19 Lug 2022
Bello, sorprendente e anche divertente: complimenti!
Mario M
Mercoledì 20 Lug 2022
Bello, bello, bello!!!
Skipper dei 40
Mercoledì 20 Dic 2023
Che bellissimo articolo e come scrivi bene.
Complimenti Ezio
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