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Girella per l’ancora? C’è poco da girarci intorno…

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Girella per l’ancora? C’è poco da girarci intorno…

F&B Yachting, vendita di accessori nautici
Pubblicato da Ezio Grillo in Ormeggio · Martedì 03 Lug 2018
Tags: ancoragirellanauticacriteriscientificitecniciswivelcardinigirellesnodi
Rieccoci a parlare di linee d’ancoraggio, ed in particolare del cardine di connessione fra ancora e catena da molti soprannominato “girella” o “snodo” oppure all’inglese “swivel”.
 
Iniziamo dalla fisica: “su una linea continua ed omogenea, il carico di lavoro si distribuisce in maniera uniforme. Ma se inseriamo un punto di discontinuità lungo questa  linea,  quello diventa il punto in cui si concentra il carico”.

Tradotto: la nostra catena è  “la linea continua ed omogenea”, mentre il cardine è “il punto in cui si concentra il carico”.

Mi spiace essere partito con una piccola lezione, ma è necessario per capire immediatamente quanto  questo sia un argomento importante e sensibile: con i cardini non si può scherzare!
 
Ora: i cardini sono e devono essere in acciaio inox (AISI 316 L oppure AISI 318 LN). Non possono essere in zincato perché devono ruotare (lo zincato fa attrito), devono avere una lavorazione molto fine (quella dello zincato è forzatamente grossolana) e per ragioni di massimizzazione dei carichi di rottura (lo zincato ha un carico di rottura più basso dell’inox AISI 316 L).

Ci scontriamo quindi con i problemi legati all’uso dell’acciaio inox in ambiente marino.
 
Riprendo da un nostro recente articolo sulle catene:  il problema enorme dell’acciaio inossidabile marino possono essere le “cricche”  che si possono creare a causa di tre ragioni fondamentali.
La qualità della materia prima,  la lavorazione dell’acciaio stesso (e delle eventuali saldature) e la lucidatura finale delle superfici.
 
In mare si usa acciaio inox a basso contenuto di carbonio: quello privilegiato è il già nominato AISI 316 L che può sviluppare cricche in acqua marina stagnante con temperatura sopra i 27.5 gradi C. Si tratta quindi di una condizione difficile da trovare sottacqua, perlomeno nel Mar Mediterraneo.
 
ATTENZIONE però che si trovano pessimi lavorati in acciaio inox AISI 304, 304L e 316: è fondamentale assicurarsi di che acciaio si tratti!
 
Essendo l’acciaio inox difficile da lavorare, fondere, e saldare, è il produttore che fa la differenza: nell’acquisto di un cardine di connessione è FONDAMENTALE scegliere il produttore  giusto, che garantisca e certifichi la qualità della lavorazione e della materia prima.
 
Voglio spendere qualche parola sui processi in fusione: affinché l’acciaio fuso mantenga le sue caratteristiche, deve essere fatto raffreddare secondo un ben determinato e lungo processo,  in maniera da permetterne la migliore stabilizzazione dei legami molecolari.
Nei processi di produzione massiva (soprattutto nelle aziende terziste asiatiche che producono manufatti in acciaio per plurimi clienti) questo processo viene spinto al limite, spesso oltre, in maniera da ridurre i tempi di produzione e liberare le linee produttive. Ciò avviene  a discapito della nostra sicurezza!
 
Infine è la lucidatura dell’inox un altro aspetto importante per garantirne la resistenza nel tempo all’usura e alla corrosione: deve essere omogenea e non leggera.
 
In poche parole, prima di decidere di acquistare un cardine di connessione bisogna guardare:
 
  1. Che il carico di rottura sia superiore (non uguale) a quello della catena a cui si attacca
  2. Che sia in acciaio inox AISI 316 L o AISI 318 LN
  3. Che sia costruito bene e, se in fusione, che non derivi in maniera evidente da produzioni massive (magari cinesi). Quindi è fondamentale assicurarsi che sia di un produttore riconosciuto, insomma uno che si occupa specificatamente di linee d’ancoraggio e che faccia di questo prodotto uno dei suoi punti di forza.
  4. Che sia lucidato bene
  5. Bisogna studiarne molto attentamente il disegno, ed ora vediamo cosa considerare…
  
Il disegno è fondamentale: punto debole di ogni cardine è il “pin” che  ferma la catena: questo piccolo oggetto è limitato nelle misure dalle dimensioni interne dell’anello entro cui viene montato.
E’ di fatto il “pin” che determina il carico di rottura dell’intera girella.
 
La maggior parte dei “pin” sono  a sezione circolare perfetta, per cui possono godere del carico massimo dato dalla sezione interna della catena stessa. Questo  non è sufficiente per  raggiungere un carico di rottura adeguato.
 
La soluzione è venuta da un paio di produttori che hanno realizzato tale “pin” in sezione ovale il quale, bloccato nella giusta posizione, offre un più ampio spessore sulla linea di tiro della catena garantendo un carico di rottura molto più alto.
 
Altro punto tipico di rottura sono le guance che trattengono il pin, a volte incredibilmente disegnate con sezioni minori del “pin” stesso: incredibile! Bisogna porre molta attenzione…
 
La maggior parte degli swivel sono dotati di guance che avvolgono il fusto dell’ancora: queste guance possono aver  senso solo negli snodi raddrizzanti (che fanno girare l’ancora nella posizione d’entrata nel musone) proprio per non dare stabilità all’ancora e farla quindi ruotare se appunto arriva la contrario.

Le guance però hanno un doppio limite: in caso di tiro della catena non in linea (per esempio se l’ancora è incagliata), il cardine lavora pesantemente su angoli sbagliati fungendo da leva. Ogni snodo è stato disegnato per lavorare esclusivamente in una linea di tiro retta; non può fare angoli, neppure quelli che hanno una testa pivotante in grado di fare al massimo 30°…

Tradotto: non solo il cardine lavorerebbe male rischiando di deformarsi, ma fungerebbe da prolunga del fusto dell’ancora, aumentandone la leva, e mettendone quindi in crisi la resistenza stessa fino a piagarlo.

La soluzione sta in quegli snodi che abbiamo una attacco all’ancora che permetta loro di ruotare completamente  a 180 gradi o più, in modo appunto di lavorare sempre in linea e non allungare il braccio sul fusto dell’ancora: come un grillo ad omega, per intenderci…

INFINE, ed è questa la ragione prima nell’utilizzazione. I cardine devono ruotare.
 
Devono ruotare anche sotto tensione per eliminare qualsiasi leva derivante da delle “cocche” (dei giri – “arrotolamenti”) della catena.

Infatti, per quanto ci sforzassimo di metterla in linea, la catena avrà sempre dei giri: se va in tiro (cosa che può succedere sicuramente con le nuove ancore ad alta tenuta in condizioni di vento forte), questi giri arrivano fino allo swivel che deve ruotare liberamente per eliminarne la derivante e pericolosa torsione.

Per questo NON si devono usare i grilli: perché appunto, non potendo ruotare, si spaccherebbero a causa della torsione inflitta dalla catena (o spaccherebbero l’ultimo anello della catena stessa).

Uno snodo, per poter ruotare bene sotto carico, non può avere la testa ruotante piatta, ma bensì a sfera o mezza sfera che ne riduce appunto la frizione.

Un ultimo inciso sul raddrizzamento dell’ancora: c’è un trucco per non far arrivare l’ancora al contrario ed evitare quindi l’adozione dei pericolosi cardini raddrizzanti: basta, quando l’ancora è salpata ma ancora in acqua, non continuare a muoversi in avanti.

E’ infatti il flusso dell’acqua sull’ancora che ce la prepara al contrario: è sufficiente virare di qualche grado a sinistra o a dritta e l’ancora arriverà sufficientemente  angolata per poi, se dotata di un buon cardine, ruotare ed entrare ben dritta nel musone…

Riassumiamo quindi le caratteristiche del perfetto swivel per l’ancora:

  1. Acciaio AISI 316 L di provata qualità
  2. Carico di rottura più alto della catena a cui va attaccato
  3. Produttore non massivo
  4. Dotato di un buon sistema di rotazione
  5. Dotato di un attacco all’ancora senza guance in modo che possa lavorare in linea
         
Buona fonda a tutti
 

Ezio Grillo


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1 recensione
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Benedetto
Lunedì 01 Nov 2021
Ottimo articolo che chiarisce bene le problematiche dei giunti Catena ancora. Io ho una Mantus ma un giunto di commercio. Credo che prenderò presto il giunto Mantus!
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