La mia prova in Atlantico del Django 9.80: che emozioni!
Le sensazioni che si vivono nel condurre il Django 9.80, si possono riassumere in una sola parola: emozione.
Dopo i vari test di navigazione effettuati a Genova in occasione dl Salone Nautico, che di questa barca avevano evidenziato oltre alla notevole velocità le spiccate doti di stabilità sia di rotta che di sbandamento, durante le uscite in mare (anzi, in Oceano) che ho svolto a fine ottobre nei pressi del cantiere Marée Haute di Concarneau in Bretagna, sono rimasto entusiasta di altre sorprendenti prerogative inerenti a questa divertentissima imbarcazione.
Una di queste è senz’altro la grande capacità di affrontare angoli di bolina molto stretti al vento, caratteristica che non ci si aspetterebbe da una barca dal baglio massimo così accentuato rispetto alla lunghezza e sostanzialmente disegnata per esprimersi al meglio nella andature molto più larghe.
Un’altra verifica importante – più che una sorpresa, una conferma – è stata l’efficacissima manovrabilità offerta dalla doppia pala della timoneria che si è dimostrata estremamente reattiva in qualsiasi situazione e con ogni configurazione velica (sembrava di timonare una deriva!).
Da sottolineare inoltre una ulteriore caratteristica di una certa rilevanza: l’assoluta semplicità di come sono state concepite le varie manovre in coperta, che mi ha consentito di eseguire virate oppure strambate in sequenza con equipaggio ridotto, se non addirittura in solitaria con l’ausilio dell’autopilota mai sotto sforzo.
Insomma, per questo e molto altro, mi sono arricchito di una tale quantità di emozioni da poter affermare senza tema di smentite che il Django 9.80 è un piccolo veliero con prestazioni da grande veliero, adatto sia alle brevi veleggiate in giornata, che alle navigazioni di lungo raggio, grazie anche ai generosi spazi interni e al comfort che ho potuto assaporare sottocoperta.
Finalmente, adesso anche in Italia, una barca a vela nel vero senso della parola, molto leggera ma robusta ed affidabile, fatta per andare davvero sempre a vela, anche con le “ariette”; in cui il suo motore entrobordo si può realmente definire “ausiliario”, perché di fatto lo si usa soltanto per le entrate e uscite dai porti.
Stefano Galassi